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M.O.V.M. Maggiore dei Carabinieri Reali in spe. LegioNe Territoriale Carabinieri di Roma, nato a Ventimiglia il 5 dicembre del 1897, deceduto in Attica il 23 Settembre 1943. Studente   del   terzo   anno   di   Ingegneria   nell’Università   di   Genova, partecipò   alla   prima   Guerra   Mondiale,   nel   1917   come   Sottotenente di   complemento   del   23°   raggruppamento   Artiglieria   d’Assedio   e   nel 1918    come    Tenente    nel    18°    Raggruppamento    Pesante    Campale. Trasferito   a   domanda   nell’Arma   dei   CC.   Reali   col   proprio   grado nel   1920,   prestò   successivamente   servizio   nella   Legione   Territoriale dei   Carabinieri   di   Genova,   nella   Legione   Allievi   di   Torino   ed   infine, dal    1928,    alla    Scuola    Centrale    a    Firenze    come    insegnante. Promosso   Capitano   nel   1933   e   destinato   alla   Legione   Territoriale di   Novara,   fu   trasferito   nel   1936   nel   S.I.M.   (Servizio   Informazione Militari)   presso   il   Ministero   della   Guerra.   Volontario   in   Spagna, per    due    anni    circa,    ai    comandi    del    Colonnello    dei    CC.    Reali Giuseppe     Pièche     (primo     Comandante     Generale     dell’Arma     dei Carabinieri     dell’epoca     repubblicana)          riportò     una     ferita     in combattimento.    Rimpatriato    con    la    promozione    a    Maggiore, comandò   il   gruppo   Sassari   fino   al   dicembre   1940,   allorché   fu prescelto   a   comandare   il   IX   Battaglione   Mobile   con   il   quale   partì l’anno   successivo   per   la   Dalmazia.   Nell’   Aprile   del   1942,   messo   a disposizione   del   Comando   Superiore   FF.AA.   della   Grecia,   assumeva   il Comando   dei   CC.   Reali   della   III   Controaerea,   fortemente   impegnato sulle   montagne   dell’Attica.   All'armistizio   decise   di   contrastare   i tedeschi   sulle   montagne   dell'Attica,   ma   non   riuscì   nel   suo   intento perché   cadde   in   un’imboscata   e   fucilato   poi   dai   partigiani   greci,   nonostante      la   firma   dell’armistizio con gli alleati e che, pertanto, la Grecia non fosse più in guerra con il nostro esercito. Per    comprendere    meglio    le    ragioni    del    sacrificio    del    maggiore    dei carabinieri,,   è   necessario   riprendere   le   tappe   dell'invasione   della   Grecia ordinata   da   Mussolini.   La   campagna   intrapresa   nell'ottobre   del   1940   non doveva   incontrare   grandi   difficoltà,   ma,   invece,   si   rivelò   una   trappola che   costò   al   nostro   esercito   più   di   13.000   morti,   e   50.000   feriti,   dei   quali oltre12.000    congelati,    52.000    ammalati    e    25.000    dispersi.    Quando    le manovre     di     invasione     militare     si     stavano     trasformando     in     una clamorosa   disfatta      fu   risolutorio   l’intervento   delle   truppe   tedesche   che ristabilirono   le   sorti   del   nostro   esercito.      La   Grecia   si   arrese   e   iniziarono quindi   le   operazioni   di   occupazione   del   territorio   ellenico,   che,   seppur inaccetata   era   sicuramente   meno   violenta   di   quella   che   i   nazisti   erano soliti attuare nei confronti delle popolazioni sottomesse. Vari   autori   e   finanche   recenti   rappresentazioni   cinematografiche   hanno raccontato   di   come   i   soldati   del   Regio   Esercito   si   comportavano   da galantuomini   con   le   donne   greche,   frequentando   i   locali   pubblici   e   le case   degli   abitanti   delle   località   occupate.      Successivamente,   quando   le milizie   italiane   non   riuscivano   a   controllare   i   territori   d’occupazione   e   i   partigiani   greci   riuscivano a mettere in seria difficoltà gli italiani, il conflitto si fece più aspro, violento,    sanguinoso.    A    seguito    di    episodi    di    guerriglia    partigiana,    si    eseguirono    ingiusti rastrellamenti   tra   i   civili   con   successive   esecuzioni   sommarie   per   rappresaglia.   Da   allora,   gli   italiani, che   i   greci   consideravano   "brava   gente"   furono   considerati   acerrimi   nemici,   anche   a   seguito   di incursioni   e   bombardamenti   aerei   dell’aviazione   fascista.    Quella   tregua non   dichiarata   fra   italiani   e   greci   era   tragicamente   terminata   finita nel sangue della popolazione greca. Alcuni    mesi    dopo,    il    13    agosto    1943,    il    maggiore    Livio    Duce,    che comandava    i    Carabinieri    del    3°    Corpo    d’Armata    impegnato    sulle montagne   dell’Attica,   fu   attaccato   dai   partigiani   greci   che   gli   tesero un’imboscata   sulla   strada   tra   Tebe   e   Atene.   Al   termine   di   una   impari battaglia,   ferito   due   volte,   al   braccio   sinistro   ed   al   piede   destro,   venne catturato   dai   partigiani   greci.   Sottoposto   a   tortura   con   ogni   genere di   sevizie,   fisiche   e   morali,   non   si   piegò   alle   richieste   dei   partigiani   e, dopo    un    sommario    processo,    venne    condannato    a    morte    da    un tribunale    improvvisato    per    essere    fucilato    il    giorno    dopo,    il    23 settembre    1943,    nelle    vicinanze    del    Monte    Parnis.     Per    questo    suo coraggio,   questa   sua   fierezza,   questo   attaccamento   al   dovere   e   al giuramento verso la Patria e l'Arma dei Carabinieri, gli   fu   conferita   la   medaglia   d'oro   al   Valor   militare,   con   la   seguente   motivazione: "Comandante    di    battaglione    carabinieri    in    territorio    d'occupazione,    caduto    in    una imboscata   con   una   piccola   colonna   e   circondato   da   soverchianti   forze   nemiche   opponeva,   benché ferito,   accanita   ed   eroica   resistenza   imponendosi   all'ammirazione   degli   stessi   avversari,   finché,   ferito una   seconda   volta,   sopraffatti   e   caduti   quasi   tutti   i   componenti   della   colonna,   veniva   catturato. Sottoposto   ad   indicibili   sevizie   materiali   e   morali,   rifiutava   sdegnosamente   l'offerta   di   aver   salva   la vita   a   patto   di   sottoscrivere   falsa   dichiarazione   atta   a   trarre   in   inganno   altri   reparti   italiani.   Appreso che   un   compagno   di   prigionia   era   stato   fucilato   dichiarava   che,   se   gli   fosse   toccata   la   stessa   sorte, avrebbe   saputo   morire   da   ""Italiano   e   da   Carabiniere   "".   Condotto   al   luogo   del   supplizio   manteneva col   suo   contegno   fede   alla   promessa,   finché   cadeva   fulminato   dal   piombo   del   nemico   che   ne   aveva soppresso il corpo ma non piegato lo spirito. Ammirevole esempio di virile coraggio e di elette virtù militari". Anteriormente   a   questo   altissimo   riconoscimento,   il   Maggiore   Livio   Duce,   partecipando   alla   guerra di Spagna, fu insignito della Medaglia di Bronzo e la Croce di Guerra al V.M. La   prima   ,   marzo   del   1937,   sul   fronte   di   Guadalajara   perchè   "Sotto   il   fuoco   della   fucileria nemica   e   dove   più   intenso   era   il   bombardamento   degli   aerei,   sprezzante   del   pericolo   fu   di ammirevole   esempio   ai   combattenti   per   coraggio   ed   alto   sentimento   del   dovere.   Col   suo   ardire cooperò   efficacemente   ad   impedire   che   due   carri   armati   temporaneamente   immobilizzati   cadessero   in mano al nemico". La   seconda,   a   Santander   nell’agosto   del   1937,   con   la seguente   motivazione:   "Caduto   gravemente   ferito   un suo   dipendente,   con   l'aiuto   di   un   militare,   riusciva   a   trasportarlo al   posto   di   medicazione,   incurante   del   fuoco   nemico   che   batteva intensamente   la   strada   da   percorrere.   In   successiva   azione   bellica, malgrado    fosse    fatto    segno    a    colpi    di    fucile,    continuava    la pericolosa    opera    di    rastrellamento    di    nuclei    armati,    in    zona circondata, ma non ancora occupata dalle nostre truppe". Oltre   alla   nostra   sezione   ANC,   anche   la   caserma   della   Compagnia Carabinieri   di   Ventimiglia   (IM)   di   Via   E.   Chiappori,   è   stata   intitolata alla memoria del Magg. Livio Duce.
MOVM Maggiore dei CC Reali Livio Duce Compagnia Carabinieri di Ventimiglia (Imperia) Compagnia Carabinieri di Ventimiglia (Imperia) Compagnia Carabinieri di Ventimiglia (Imperia) Compagnia Carabinieri di Ventimiglia (Imperia) Associazione Nazionale Carabinieri - Sezione Venezia M.O.V.M. l Magg. CC. Reali Livio Duce in G.U. M.O.V.M. del Magg. CC. reali Livio Duce con fotografia
Carabinieri Spagna Canarie
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M.O.V.M. Maggiore dei Carabinieri Reali in spe. LegioNe Territoriale Carabinieri di Roma, nato a Ventimiglia il 5 dicembre del 1897, deceduto in Attica il 23 Settembre 1943. Studente   del   terzo   anno   di   Ingegneria   nell’Università di   Genova,   partecipò   alla   prima   Guerra   Mondiale,   nel 1917    come    Sottotenente    di    complemento    del    23° raggruppamento   Artiglieria   d’Assedio   e   nel   1918   come Tenente    nel    18°    Raggruppamento    Pesante    Campale. Trasferito    a    domanda    nell’Arma    dei    CC.    Reali    col proprio     grado     nel     1920,     prestò     successivamente servizio   nella   Legione   Territoriale   dei   Carabinieri   di Genova,   nella   Legione   Allievi   di   Torino   ed   infine,   dal 1928,   alla   Scuola   Centrale   a   Firenze   come   insegnante. Promosso   Capitano   nel   1933   e   destinato   alla   Legione Territoriale   di   Novara,   fu   trasferito   nel   1936   nel   S.I.M. (Servizio    Informazione    Militari)    presso    il    Ministero della    Guerra.    Volontario    in    Spagna,    per    due    anni circa,    ai    comandi    del    Colonnello    dei    CC.    Reali Giuseppe      Pièche      (primo      Comandante      Generale dell’Arma     dei     Carabinieri     dell’epoca     repubblicana)       riportò   una   ferita   in   combattimento.   Rimpatriato   con la    promozione    a    Maggiore,    comandò    il    gruppo Sassari   fino   al   dicembre   1940,   allorché   fu   prescelto   a comandare   il   IX   Battaglione   Mobile   con   il   quale   partì l’anno   successivo   per   la   Dalmazia.   Nell’   Aprile   del   1942, messo    a    disposizione    del    Comando    Superiore    FF.AA. della   Grecia,   assumeva   il   Comando   dei   CC.   Reali   della III      Controaerea,      fortemente      impegnato      sulle montagne       dell’Attica.       All'armistizio       decise       di contrastare   i   tedeschi   sulle   montagne   dell'Attica,   ma non     riuscì     nel     suo     intento     perché     cadde     in un’imboscata    e    fucilato    poi    dai    partigiani    greci, nonostante      la   firma   dell’armistizio   con   gli   alleati   e che,   pertanto,   la   Grecia   non   fosse   più   in   guerra   con il nostro esercito. Per   comprendere   meglio   le   ragioni   del   sacrificio   del maggiore   dei   carabinieri,,   è   necessario   riprendere   le tappe     dell'invasione     della     Grecia     ordinata     da Mussolini.    La    campagna    intrapresa    nell'ottobre    del 1940   non   doveva   incontrare   grandi   difficoltà,   ma, invece,   si   rivelò   una   trappola   che   costò   al   nostro esercito   più   di   13.000   morti,   e   50.000   feriti,   dei   quali oltre12.000   congelati,   52.000   ammalati   e   25.000   dispersi. Quando   le   manovre   di   invasione   militare   si   stavano trasformando     in     una     clamorosa     disfatta          fu risolutorio    l’intervento    delle    truppe    tedesche    che ristabilirono   le   sorti   del   nostro   esercito.      La   Grecia si    arrese    e    iniziarono    quindi    le    operazioni    di occupazione    del    territorio    ellenico,    che,    seppur inaccetata   era   sicuramente   meno   violenta   di   quella che   i   nazisti   erano   soliti   attuare   nei   confronti   delle popolazioni sottomesse. Vari     autori     e     finanche     recenti     rappresentazioni cinematografiche     hanno     raccontato     di     come     i soldati    del    Regio    Esercito    si    comportavano    da galantuomini   con   le   donne   greche,   frequentando   i locali   pubblici   e   le   case   degli   abitanti   delle   località occupate.      Successivamente,   quando   le   milizie   italiane non      riuscivano      a      controllare      i      territori d’occupazione    e    i    partigiani    greci    riuscivano    a mettere   in   seria   difficoltà   gli   italiani,   il   conflitto   si fece più aspro, violento,     sanguinoso.     A     seguito     di     episodi     di guerriglia      partigiana,      si      eseguirono      ingiusti rastrellamenti   tra   i   civili   con   successive   esecuzioni sommarie   per   rappresaglia.   Da   allora,   gli   italiani,   che   i greci       consideravano       "brava       gente"       furono considerati    acerrimi    nemici,    anche    a    seguito    di incursioni     e     bombardamenti     aerei     dell’aviazione fascista.    Quella   tregua   non   dichiarata   fra   italiani   e greci   era   tragicamente   terminata   finita   nel   sangue della popolazione greca. Alcuni   mesi   dopo,   il   13   agosto   1943,   il   maggiore   Livio Duce,    che    comandava    i    Carabinieri    del    3°    Corpo d’Armata    impegnato    sulle    montagne    dell’Attica,    fu attaccato     dai     partigiani     greci     che     gli     tesero un’imboscata   sulla   strada   tra   Tebe   e   Atene.   Al   termine di   una   impari   battaglia,   ferito   due   volte,   al   braccio sinistro    ed    al    piede    destro,    venne    catturato    dai partigiani    greci.    Sottoposto    a    tortura    con    ogni genere   di   sevizie,   fisiche   e   morali,   non   si   piegò   alle richieste   dei   partigiani   e,   dopo   un   sommario   processo, venne     condannato     a     morte     da     un     tribunale improvvisato   per   essere   fucilato   il   giorno   dopo,   il   23 settembre   1943,   nelle   vicinanze   del   Monte   Parnis.    Per questo    suo    coraggio,    questa    sua    fierezza,    questo attaccamento   al   dovere   e   al   giuramento   verso   la Patria e l'Arma dei Carabinieri, gli    fu    conferita    la    medaglia    d'oro    al Valor       militare,       con       la       seguente motivazione:   "Comandante   di   battaglione   carabinieri in   territorio   d'occupazione,   caduto   in   una   imboscata con     una     piccola     colonna     e     circondato     da soverchianti   forze   nemiche   opponeva,   benché   ferito, accanita       ed       eroica       resistenza       imponendosi all'ammirazione    degli    stessi    avversari,    finché,    ferito una   seconda   volta,   sopraffatti   e   caduti   quasi   tutti   i componenti      della      colonna,      veniva      catturato. Sottoposto    ad    indicibili    sevizie    materiali    e    morali, rifiutava   sdegnosamente   l'offerta   di   aver   salva   la   vita a   patto   di   sottoscrivere   falsa   dichiarazione   atta   a trarre   in   inganno   altri   reparti   italiani.   Appreso   che un     compagno     di     prigionia     era     stato     fucilato dichiarava   che,   se   gli   fosse   toccata   la   stessa   sorte, avrebbe   saputo   morire   da   ""Italiano   e   da   Carabiniere   "". Condotto   al   luogo   del   supplizio   manteneva   col   suo contegno      fede      alla      promessa,      finché      cadeva fulminato    dal    piombo    del    nemico    che    ne    aveva soppresso il corpo ma non piegato lo spirito. Ammirevole   esempio   di   virile   coraggio   e   di   elette   virtù militari". Anteriormente   a   questo   altissimo   riconoscimento,   il Maggiore    Livio    Duce,    partecipando    alla    guerra    di Spagna,   fu   insignito   della   Medaglia   di   Bronzo   e   la Croce di Guerra al V.M. La   prima   ,   marzo   del   1937,   sul   fronte   di Guadalajara   perchè   "Sotto   il   fuoco   della fucileria     nemica     e     dove     più     intenso     era     il bombardamento   degli   aerei,   sprezzante   del   pericolo fu   di   ammirevole   esempio   ai   combattenti   per   coraggio ed    alto    sentimento    del    dovere.    Col    suo    ardire cooperò    efficacemente    ad    impedire    che    due    carri armati    temporaneamente    immobilizzati    cadessero    in mano al nemico". La   seconda,   a   Santander   nell’agosto   del 1937,     con     la     seguente     motivazione: "Caduto   gravemente   ferito   un   suo   dipendente,   con l'aiuto   di   un   militare,   riusciva   a   trasportarlo   al   posto di    medicazione,    incurante    del    fuoco    nemico    che batteva    intensamente    la    strada    da    percorrere.    In successiva   azione   bellica,   malgrado   fosse   fatto   segno a   colpi   di   fucile,   continuava   la   pericolosa   opera   di rastrellamento   di   nuclei   armati,   in   zona   circondata, ma non ancora occupata dalle nostre truppe". Oltre    alla    nostra    sezione    ANC,    anche    la    caserma della   Compagnia   Carabinieri   di   Ventimiglia   (IM)   di   Via E.   Chiappori,   è   stata   intitolata   alla   memoria   del   Magg. Livio Duce.
MOVM Maggiore dei CC Reali Livio Duce Compagnia Carabinieri di Ventimiglia (Imperia) Compagnia Carabinieri di Ventimiglia (Imperia) Compagnia Carabinieri di Ventimiglia (Imperia) Compagnia Carabinieri di Ventimiglia (Imperia) M.O.V.M. l Magg. CC. Reali Livio Duce in G.U.